“In base all’Accordo Stato Regioni del 2010, i punti nascita devono eseguire almeno 1000 parti annui.” Firmato vecchia politica.
Sono numerosi in questi giorni i commenti di esponenti e candidati politici volti a strumentalizzare le parole del ministro per la Sanità, dottoressa Giulia Grillo, eletta in quota M5S travisando le sue parole evocando il rischio di chiusura dei reparti del Santa Maria della Stella, in particolare del punto nascite. Dice il Ministro: “In questi mesi stiamo lavorando ad un decreto per gli standard dell’assistenza territoriale. Noi oggi siamo molto bravi sull’ospedalità, dove abbiamo degli standard e ridotto le inefficienze. Però sulla medicina del territorio dobbiamo efficientare la spesa e lì c’è molto margine e dobbiamo ridurre gli sprechi”
E’ vero che sia molto serio e sentito il rischio di un declassamento dell’Ospedale di Orvieto, ascrivibile nei successi come nei problemi alla politica regionale dell’Umbria ed alle scelte dei manager che, giova ricordarlo, hanno costretto persino i consiglieri comunali locali a numerosi atti ed interventi, ed addirittura una Commissione di studio sulla materia che fu cavallo di battaglia dei sostenitori di Germani alle elezioni 2014, quella delle liste d’attesa. Pertanto da parte della capogruppo M5S, Lucia Vergaglia giunge una netta presa di posizione visto che le scelte del ministero sono obbligate da normative e patti proposti e firmati dalle regioni risalenti al 2010.
«La situazione va inquadrata così: l’OMS, giustamente, tende a sottolineare i rischi di punti nascita con numero di parti inferiore ad almeno 500 annui, come ad Orvieto. Questo è un dato di fatto, così come pianificazione ed accordi regionali. infatti “In base all’Accordo Stato Regioni del 2010, i punti nascita devono eseguire almeno 1000 parti annui.” ed ovviamente siamo lontanissimi da quei numeri, ma la firma fu apposta dai nostri governanti che ben sapevano di mettere Orvieto a rischio di chiusura. Un anno fa finalmente sono state recepite le proteste dai territori e la Conferenza Stato Regioni dello scorso 24 gennaio 2018, al punto 7 dell’accordo, indica i provvedimenti relativi alla rete dei punti nascita. Tra i punti di rilievo stabiliti dall’accordo la distinzione tra centri Hub (con numero di parti uguale o superiore a 1000 all’anno) e centri Spoke (con numero di parti tra 500 e 1000 all’anno) ed una serie di prescrizioni relative al numero di cesarei in questi centri, molto ridotti nel nostro caso.
A nostro avviso se il complesso di Santa Maria della Stella non costituirà, insieme ad altri, una azienda articolata su di una superficie territoriale maggiore assieme ad altri complessi, attraverso cui utilizzare escamotage come il cumulo delle nascite, ben difficilmente si può gestire questa vicenda senza derogare la legge e le normative. Deroghe per le quali ci spenderemo se avremo l’occasione, prospettando una nuova e più efficace pianificazione regionale in vista del rinnovo regionale, ben sapendo che la politica sanitaria è, appunto, in capo alla regione Umbria, attualmente fagocitata dagli scandali,
mentre la mancanza di un punto nascite è infatti gravissima in termini di ripopolamento demografico ed è una condanna alla desertificazione, alla fuga delle famiglie assieme agli altri fattori come quelli socioeconomici o lavorativi che, a causa di scelte scellerate del passato ed una atomizzazione eccessiva delle strutture per venire incontro non ad una certa nomenclatura medica quanto piuttosto a calcoli elettorali regionali che da sempre penalizzano le aree interne come quella orvietana.
Come uscirne?
Noi abbiamo già le idee chiare ed un piano in tre fasi.
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